sabato 23 marzo 2013

E ancor meno il suo punto di arrivo (XI)


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No, la vecchiaia assolutamente non piace e ancor meno il suo punto di arrivo. Eppure, in media, la sopportiamo in odio a quel punto. Con qualche eccezione, però. Ricordo ancora, dopo più di sessant’anni, un’anziana signora, malata di cancro, che chiedeva –educatamente ma con fermezza– di essere lasciata morire. I medici però le rifiutarono cristianamente (!) l’estremo aiuto, condannandola ad altri due mesi di sofferenza.

Non voglio però parlare della morte, ma ancora della vecchiaia, che, bene o male, è vita, più consapevole, forse, di esserlo che non le sue fasi precedenti. È più raro che sia un anziano, e non un giovane, a spingere sull’acceleratore quando non è il caso.

Quando ha inizio la vecchiaia?

Ho conosciuto vecchi di quarant’anni e anche meno. Io stesso a quell’età mi consideravo finito, senza più un futuro né come uomo né come professionista. E non posso dire di essermi sbagliato, perché, dopo quella precoce vecchiezza, la mia vita ha avuto un secondo inizio, una seconda gioventù, cosicché quella che sto attualmente vivendo posso dirla una seconda vecchiaia. Questa è indubbiamente assai più gravosa dal punto di vista fisico che non la precedente. Quanto a equilibrio interno –un tempo si sarebbe detto ‘spirituale’– è incomparabilmente più stabile dell’altra. E per una ragione molto semplice: il ‘vecchio’ di allora non vedeva un futuro per il suo passato, pur avendolo, il vecchio di oggi sa di non avere un futuro, ma conosce quello che è stato il suo per tanti anni e sa che non ne avrebbe desiderato uno migliore.

E che ne è dell’unicità dell’io?

Un io scisso, plurimo, privo di centralità?

Questa è l’esperienza della mia vita, ma credo di poterla augurare a chiunque altro, se non alla mia stessa specie animale.

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